Le cinque ferite emotive dell’infanzia e le maschere adulte

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A cura della Dottoressa Anna Chiara Venturini, Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale a Roma

Ogni evento vissuto da bambini può lasciare profonde ferite psicologiche e spirituali: conflitti e situazioni che, sebbene appartengano al passato, restano nell’inconscio plasmando la nostra personalità e continuando ad esercitare la loro influenza nel quotidiano.

Ognuno di noi ha, difatti, un bambino interiore che continua a reagire a quel trauma, a quella ferita come se fosse ogni volta attuale, come se si sentisse nuovamente in pericolo, rimettendo in atto quello stesso schema che gli impedisce di rispondere in modo adeguato e adattivo.

Tale schema trae origine dalla tipologia di attaccamento con il caregiver, ovvero con la figura di riferimento che si occupa dell’accudimento pratico ed emotivo del bambino. Per capire le relazioni che stabiliamo nell’età adulta e quindi gli schemi che perpetuiamo, è essenziale guardare a ritroso ai rapporti con le figure importanti della nostra vita. Proprio a partire da questi costruiremo infatti il nostro Io, la nostra Identità e i modelli operativi interni che ci guideranno nelle relazioni e nell’interpretazione dell’ambiente circostante.

Un genitore responsivo dei bisogni del bambino, presente per le richieste di protezione e accudimento, emotivamente accogliente e supportivo, concorrerà a creare un legame sicuro con il bambino che, da adulto, probabilmente diventerà una persona aperta e sicura di sé. Se tale legame è invece evitante, ambivalente o disorganizzato, genererà una visione distorta di sé, degli altri e del mondo, con conseguenti conflitti e difficoltà emotive, legati anche ai tentativi di nascondere quel dolore atavico tramite le molteplici maschere che cercherà di indossare, restando tuttavia ingabbiato ancora di più negli schemi dell’infanzia.

Vediamo le cinque ferite:

  1. ABBANDONO

I bambini hanno bisogno dei punti di riferimento, di sentirsi emotivamente protetti e sostenuti: tuttavia, se il caregiver è stato assente per motivi di lavoro o di salute, se ci sono stati episodi in cui il bambino ha sperimentato l’abbandono ( es. ricoveri in ospedale, divorzio, episodi di ritardi o dimenticanze, nascita di fratelli o sorelle che hanno catturato l’attenzione  di un genitore in misura rilevante) o crescerà con molteplici figure che si susseguono ( tate, nonni, insegnanti) si sentirà abbandonato e percepirà l’assenza di un sostegno a cui rivolgersi in caso di necessità. Pertanto, le persone che hanno sperimentato la negligenza durante l’infanzia, tendono a sentirsi insicuri e sviluppare una dipendenza emotiva, sulla base di una profonda paura di essere abbandonati di nuovo. Ci sarà una costante attenzione alla carenza, che potrà essere basata sulla dipendenza (con la convinzione di non poter vivere da solo e quindi necessita di una guida e un aiuto anche pratico nel quotidiano) o sulla perdita (i bisogni riguardano amore, sollecitudine e senso di vicinanza emotiva).

Tuttavia tale ferita potrebbe anche tradursi nell’esatto opposto ( contrattacco o ipercompensazione dello schema), ovvero la persona può stare da sola per periodi prolungati poiché ha già affrontato la solitudine da bambino e sa di poter sopravvivere: quello che lo sconvolge infatti, non è la solitudine, ma di avere un legame e poi perderlo di nuovo.

Ad ogni modo, La solitudine è il peggior nemico: ogni allontanamento di persone care comporterà la paura di rivivere quel dolore, di sentirsi solo, isolato, indifeso di fronte ad un mondo sconosciuto.

Come guarire da questa ferita?

Le persone che hanno vissuto esperienze di abbandono durante l’infanzia, dovranno lavorare sulla loro paura della solitudine, sul timore di essere rifiutati e sulle barriere invisibili del contatto fisico. Le ferite causate dall’abbandono non sono facili da curare. In primo luogo, è importante imparare a stare bene con voi stessi. Non è necessario avere sempre delle persone intorno a voi, a volte la solitudine è un buon consigliere. Ricordate che durante la vita incontriamo molte persone, ed è normale che a un certo punto le nostre strade si separino. Imparate ad accettare i cambiamenti e sviluppate una visione ottimistica delle relazioni interpersonali, forse proprio dietro l’angolo c’è una persona meravigliosa che vi aspetta. Sarete voi stessi a prendere coscienza di quando le ferite inizieranno a rimarginarsi e quando il timore dei momenti di solitudine sparirà e sarà sostituito da un dialogo interiore positivo e speranzoso. 

 

2. RIFIUTO

La paura del rifiuto sorge non appena il bambino si rende conto di essere una persona indipendente dai suoi genitori, intorno ai due anni. In quel momento, il bambino comincia a cercare attivamente l’accettazione delle figure che sono importanti per lui. Se queste persone lo rifiutano, si creerà una ferita emotiva difficile da cicatrizzarsi, perché egli si creerà la convinzione di non essere abbastanza buono o degno di essere amato. Il rifiuto in età infantile provoca il disprezzo per se stessi e genera una bassa autostima. Queste sono persone che avranno costantemente paura di fallire e un disperato bisogno di ricevere l’approvazione degli altri.

Essendo una ferita molto profonda, implica il rifiuto interiore. Con interiore ci riferiamo a ciò che abbiamo vissuto, ai nostri pensieri e ai nostri sentimenti..  La sua comparsa durante l’infanzia è spesso legata al rifiuto da parte dei genitori ( fra le ferite emozionali, quella del rifiuto ha forse le radici più antiche nella vita di un individuo, poiché può manifestarsi già nel grembo materno, come riconosciuto dalla Psicologia Prenatale), della famiglia o entrambi. Questa ferita può generarsi con un genitore particolarmente critico, o che ci incolpava di continuo per quello che non andava in famiglia, o che ci paragonava ad altri ripetendoci di essere una delusione per lui.  Il dolore generato da questa ferita impedisce in chi ne soffre lo sviluppo adeguato dell’ autostima e dell’ autoefficacia, oltre che dell’assertività. Genera pensieri di rifiuto, del tipo “non sono desiderato”, o di sottovalutazione di sé. L’emozione maggiormente sperimentata assieme all’ansia è il senso di colpa: ci si sente così in colpa per non essere come i nostri genitori avrebbero voluto, che si fa di tutto per nascondere il proprio vero sé, con la conseguenza però di sentirsi in trappola. Questa ferita ci impedisce di accettare i nostri sentimenti, i nostri pensieri e le nostre esperienze, poiché rifiutate in primis dalle figure di riferimento. Quasi certamente da bambini abbiamo pensato che i genitori avevano ragione a criticarci o rifiutarci perché noi eravamo inadeguati e pieni di difetti. Probabilmente è stata questa la ragione per cui non avete provato rabbia per ilo modo in cui venivate trattati, anzi, avete provato vergogna e tristezza.

Come guarire da questa ferita?

Iniziando a valutare le proprie abilità e i successi ottenuti. Conquistando lentamente il coraggio di rischiare e prendere le decisioni da soli. Si noterà così che, aumentando la sicurezza, l’opinione altrui smetterà di condizionarvi. In questo modo, inizierete a vivere più pienamente, facendo ciò che più vi piace e vi appassiona. Cercate di essere voi stessi nelle relazioni strette e smettete di lasciarvi trattare male dagli altri.

 

3. UMILIAZIONE

È stato dimostrato che l’umiliazione non causa solo sofferenza, ma anche dolore fisico, perché questi sentimenti condividono gli stessi circuiti cerebrali del dolore. L’umiliazione è già difficile da sopportare per un adulto, così che in un bambino può causare una terribile ferita: di solito si sviluppa dai due ai cinque anni ed è collegata  quasi sempre alla vergogna di qualche parte del corpo e al controllo degli sfinteri.

Infatti, probabilmente vi ricordate ancora un momento della vostra infanzia in cui vi siete sentiti umiliati. Questa ferita si genera quando in diversi momenti sentiamo che gli altri disapprovano ciò che facciamo e ci criticano. Un Genitore ipercritico, o che ci fa sentire in colpa per le azioni che compiamo, o che molto spesso ci fa sentire una “delusione” ai suoi occhi, fa sentire il proprio figlio un peso, fuori posto, inadeguato. Da questa situazione possono derivare sia comportamenti passivi e di fuga ( anche attraverso varie forme di dipendenza), sia comportamenti di contrattacco, con lo sviluppo di tratti narcisistici. Nel primo caso l’inadeguatezza porta a evitare relazioni “profonde” e a vivere in superficie, senza disturbare o dare nell’occhio; nel secondo caso porterebbe ad un atteggiamento volto ad affermarsi, con la convinzione che tutto sia dovuto, arrivando anche ad umiliare gli altri come scudo per proteggere voi stessi ( da genitori potreste anche umiliare i vostri figli distruggendone l’autostima e perpetrando quello stesso schema di cui siete stati vittime).

Come guarire da questa ferita?

Anzitutto è importante lavorare sull’ indipendenza, sulla  libertà, sulla comprensione delle vostre necessità e dei vostri timori, così come sulle vostre priorità, imparando a dire cosa di pensa, come ci si sente e quali sono i propri bisogni e desideri. Soltanto sviluppando e consolidando le abilità assertive possiamo imparare e difendere il nostro punto di vista e quindi a dar valore a noi stessi come individui “separati” dagli altri e non specchio del rifiuto e dell’umiliazione altrui.

 

4.TRADIMENTO E PAURA DI FIDARSI

Questa ferita si apre quando il bambino si sente tradito ed ingannato perché le persone, specialmente i genitori, non hanno mantenuto le promesse fatte. Tuttavia, questa è una situazione abbastanza comune, in quanto molti genitori fanno promesse che non mantengono, generando in questo modo nel bambino l’idea che il mondo sia un luogo inaffidabile  e che lui bambino non meriti le cose promesse o ciò che gli altri hanno. I bambini che soffrono di questa ferita fissano l’attenzione sul mantenimento delle promesse.

Chi soffre di questi problemi durante l’infanzia sviluppa una personalità perfezionista e sospettosa, che vuole avere tutto sotto controllo, non si lascia sfuggire nulla e non lascia niente al caso. Tuttavia, se non ci fidiamo delle persone terminiamo per diventare degli eremiti, isolati dal mondo, delle persone che non potranno mai ottenere nulla e che si sentiranno profondamente sole. Queste persone di solito si comportano con freddezza, cercano di costruire un muro nelle loro relazioni interpersonali e non lasciano che gli altri entrino nella loro vita privata. Questo atteggiamento, solitamente, è giustificato da un carattere forte. Tuttavia, obbedisce anche ad un meccanismo di difesa, uno scudo di protezione dall’inganno.

Come guarire da questa ferita?

Il fatto che le persone di cui vi fidavate vi abbiano tradito non significa che tutti lo faranno. Per costruire delle relazioni forti, è necessario lasciare entrare gli altri nella vostra vita e fidarvi. Solo quando vi lascerete andare gli altri si affideranno a voi: il solo modo per trovare la fiducia negli altri è dare fiducia.

 

5.INGIUSTIZIA

Il sentimento di ingiustizia ha origine quando chi si occupa dei bambini dimostra di avere un atteggiamento freddo e autoritario. Si manifesta tra i quattro e i sei anni, nei confronti del genitore dello stesso sesso; ma poi si risveglia nell’età scolare quando il bambino si sente sottovalutato da una figura autorevole. Le esigenze, i pensieri e le emozioni del bambino, vengono ritenute dall’adulto “esagerate e che passano i limiti”,  generando così nel piccolo, sentimenti di inefficienza e di inutilità, per tramutarsi poi in inadeguatezza e senso di fallimento, oppure in perfezionismo e rigidità di pensiero quando si raggiunge l’età adulta. Ricevere un educazione nella quale sono stati sottoposti a ingiustizie continue, ha lacerato profondamente il loro “io”, trasmettendogli l’idea che non sono degni dell’attenzione degli altri. Un adulto che ha sofferto delle ingiustizie da bambino, può diventare una persona insicura o, al contrario, cinica, con una visione pessimistica della vita. Questa persona avrà difficoltà a fidarsi degli altri e costruire delle relazioni perché, inconsciamente, pensa che tutti la tratteranno male e che non lo ascolteranno né considereranno. Di solito si tratta di persone che tentano di diventare importanti e di acquisire un certo potere facendone il solo ed unico motivo di vita ( per ipercompensare il dolore subito), oppure restano impantanati nell’immobilismo perché, data la rigidità di pensiero, hanno difficoltà nel prendere decisioni, ricercando la sicurezza del risultato.

Come guarire questa ferita?

Per far fronte a queste difficoltà, bisogna lavorare sulla mancanza di fiducia e sulla rigidità e chiusura mentale, cercando di diventare più flessibili e di fidarsi degli altri: ora avete a disposizione altre risorse per far valere i vostri diritti e ricevere un trattamento più dignitoso. Sviluppando nuovi e alternativi punti di vista, uscendo dal proprio egocentrismo, si può prendere atto del fatto che gli altri non sono soltanto capaci di svalutare, ma anche di accogliere e proporre, in una relazione sana che prevede uno scambio equo

 

 

Ogni ferita, a sua volta, è all’origine di un particolare meccanismo comportamentale di protezione, istintivo ed automatico, che ha lo scopo di evitare di rivivere  da adulti quella stessa sofferenza dell’infanzia e che si attiva, durante tutta la nostra vita, ogni qual volta accade un evento che percepiamo e interpretiamo con un significato analogo a quello delle prime registrazioni.

Questi meccanismi comportamentali automatici sono quelle che vengono definite MASCHERE.

Nell’età adulta, queste ”MASCHERE” si rivelano però limitanti per l’individuo, facendogli percepire una sua irreale vulnerabilità e intrappolandolo, di conseguenza, in modalità relazionali ripetitive e vincolanti, che gli impediscono di maturare le sue piene potenzialità di adulto libero, consapevole e responsabile, in grado di relazionarsi con gli altri esseri umani in modo profondo ed autentico. Ma le maschere non si manifestano solo a livello psicologico, ma anche e soprattutto a livello fisiconon sono altro che la somatizzazione fisica della ferita non risolta.

Lo spessore della maschera sarà proporzionale al grado della ferita. Ogni maschera corrisponde ad una tipologia di persona dotata di un carattere ben definito in quanto avrà sviluppato numerose credenze che ne influenzeranno gli atteggiamenti e il comportamento.

Ad ogni ferita emozionale corrisponde una specifica maschera visibile

  Alla ferita del RIFIUTO corrisponde la maschera del FUGGITIVO

  Alla ferita dell’ABBANDONO corrisponde la maschera del DIPENDENTE

  Alla ferita dell’UMILIAZIONE corrisponde la maschera del MASOCHISTA

  Alla ferita del TRADIMENTO corrisponde la maschera del CONTROLLORE

  Alla ferita dell’INGIUSTIZIA corrisponde la maschera del RIGIDO

 

Il lavoro psicoterapeutico è quindi volto ad individuare le caratteristiche della propria maschera, dei limiti che questa comporta, per poter uscire dalle modalità circolari di schemi viziosi che impediscono relazioni autentiche e che impediscono alle ferite di rimarginarsi.   Spesso ci sentiamo rifiutati, abbandonati, traditi, umiliati e trattati ingiustamente, ma in realtà ogni volta che ci sentiamo feriti è entrato in campo il nostro Ego, a cui piace credere che la colpa sia di qualcun altro.

Ricordiamoci che nella vita non esistono persone colpevoli, ma solo sofferenti, più accusiamo noi stessi o gli altri delle nostre sofferenze, più l’esperienza negativa tenderà a ripetersi.

Accusare serve solo a creare infelicità, dobbiamo invece imparare ad ascoltare la nostra ferita e il bambino che l’ha subita, accompagnandolo nel processo di guarigione che parte proprio dal riprendere in mano cosa vogliamo e sentiamo davvero.

Quella che ho proposto è una carellata veloce delle ferite dell’anima, così da poter individuare, ad un primo colpo d’occhio, quale ci corrisponde di più. Nei prossimi articoli troverete tutti gli approfondimenti su ciascuna ferita dell’infanzia che influenza il nostro presente da adulti

 

Bibliografia

Lise Bourbeau “Le cinque ferite e come guarirle”, Ed. AMRITA Torino, 2000

Lise Bourbeau “Le cinque ferite: nuove chiavi di guarigione”. Ed AMRITA Torino, 2015

 

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