Pillole di psicoterapia: il racconto di una crescita personale
Ho iniziato ad andare in Psicoterapia dopo l’ennesima storia d’amore finita male.
Stesso copione visto e rivisto: sono io che lascio perchè l’altra persona è troppo debole per farlo e ne esco disperata. Mi sento ferita e umiliata, ho dato troppo e mi ha tolto tutto, anche gli amici. Inizio ad avere problemi anche con la mia famiglia che non capisce perchè io stia così male: quando chiamo a casa per sfogarmi mi sento dire di non pensarci più, che non era la persona per me e io continuo a non sentirmi capita. Poi, un giorno, leggo da qualche parte che i rapporti vittima-carnefice sono costruiti da tutti e due .Come dire: se qualcuno ti fa del male tu hai fatto in modo che te lo facesse. Oddio! Tutti mi fanno del male e io mi sento una vittima del destino. Mi viene in mente : ma è il destino, sono gli altri o sono io? Ci penso per vari giorni, leggo articoli sul vittimismo, sul fatto che nulla ti può fare male se tu non vuoi e mi chiedo qual’è stato il mio ruolo nei miei rapporti.
Allora mi decido e vado in terapia: non sò bene cosa mi aspetta, ho una confusione dentro infinita, non sò se realmente ho dei problemi, ma mi farà bene parlarne con qualcuno e poi non credo di avere molta scelta. Per le prime sedute non faccio altro che parlare e piangere. Lei mi fa poche domande: per lo più sono io a parlare. Mi sembro un vaso che è appena stato scoperchiato: esce di tutto, soprattutto il mio sentirmi vittima in un mondo di carnefici. Lei non mi compatisce : mi lascia sfogare , mi invita a riflettere su altri possibili vie d’uscita, mi porta a ragionare.
Ragionare : quanto mi mancava. E questo è il primo risultato. Continuo ad andare, ogni lunedi alle sei; non rimando nè salto mai una seduta perchè è l’unico posto dove mi sento davvero capita. Il mondo ci ha provato a farmi sentire sbagliata e lei, la psicoterapeuta (psyco per gli amici), mi tratta e mi parla come se le mie fossero delle reazioni e delle risposte a cose che mi sono successe, estremamente normali. Possibile che questa sconosciuta non mi dia mai della stupida ma, anzi, mi spieghi per filo e per segno perchè mi sono comportata così in quella e quell’altra situazione? Possibile che mi abbiano trattato TUTTI come una debole, una sottomessa e lei lo trovi normale? Mi invita a riflettere: proprio tutti? Proprio sottomessa? Proprio debole? Non ho ancora la forza di capirlo perchè la disperazione che mi prende dentro è ancora tantissima, mi sento ancora un’umiliata, una nullità. Non capisco assolutamente perchè lei non mi dica che cosa devo fare. “Mi dica cosa devo fare” è la domanda principale delle mie sedute. La risposta è sempre la stessa : niente. Passano alcune settimane, mi sembra di non vedere mai la luce, ogni tanto chiamo nell’ora di pausa da lavoro piangendo e mi sento dire che passerà, che un giorno guarderò questo periodo con un sorriso. Mi serve solo quello. Qualcuno che abbia fiducia in me più di quanto ne abbia io. Ma ancora non so cosa devo fare. Devo cercarmi un’altro lavoro? Cambiare aria? Tornare nel mio paese e lasciare Roma? Mi dica cosa devo fare. Niente. Inizio a perdere la pazienza ma chi lo dice è convinto più di me: decido di fidarmi, in fondo mi sono fidata di persone che non se lo meritavano e lei la posso lasciare quando voglio. Io non so più cosa significhi essere sicuri, prendere una decisione e portarla avanti, non guardare gli altri ma andare dritti per la propria strada.
Mi guardo indietro e mi sembra di vedere una vita buia, fatta di compromessi su tutto, di parole: mi sembra di aver sempre avuto bisogno del giudizio delle persone per muovermi. BANG! Ho fatto centro. Secondo risultato : la mia felicità dipende da quello che gli altri pensano di me . E io come mi vedo? Non ne ho la minima idea. “Allora dottoressa cosa devo fare?”Incredibile : la risposta è cambiata. Da “niente” si passa a ” quello che faremo è capire come lei si vede” FAREMO. Come faremo? Non è più ” tu fai e io agisco di conseguenza”? Cavolo sta cambiando tutto. Adesso nella mia vita devo fare qualcosa anch’ io.
Ho una mano che mi tiene e che mi dice ” faremo”, ma anche io devo fare: non sono abituata. Però se “fare” mi spaventa ancora un pò, “faremo” mi sà di responsabilità divisa in due e quindi perchè no. BANG! Terzo risultato: mi sono sempre appoggiata a chiunque passasse di qua, gli “altri” potevano essere chiunque, bastava che si prendessero il mio peso. “Faremo” ha sancito un inizio, l’inizio di pensieri che prima non mi sfioravano nemmeno: le stesse persone che cercavo per sapere cosa dovevo fare, pensare, sentire, adesso hanno anche loro dei difetti, delle debolezze, delle mancanze; io, in tutto ciò, ho avuto un ruolo bene definito.
Piano piano capisco fino in fondo cosa ho fatto, come mi sono posta nei confronti delle persone, della mia vita. BANG! Quarto: consapevolezza. BANG! Consapevolezza – uguale – forza. Se prima avevo bisogno di continue conferme, adesso comincio non avere più neanche la voglia di ascoltare i giudizi degli altri. Sono pensieri loro, dico io; in breve, non mi toccano più come prima.
Inizio a capire la differenza tra il pensare al passato e al futuro, e pensare a ora. Qui, ora e adesso; cosa mi piace fare; cosa voglio essere; chi sono. BANG! Sesto risultato: ora sò chi sono. In pochi mesi stravolgo tutti i rapporti e divento estremamente convinta di me stessa. Lascio il lavoro, mi cerco nuove amicizie, faccio frequento solo chi e cosa mi fa sentire bene, mi riprendo tutto quello che voglio e lascio andare senza rimpianti quello che non mi piace. Sono fiera del percorso che ho fatto, sono fiera di non aver mollato, di essermi fatta aiutare.
Sono stata presa per mano, ho percorso la strada della consapevolezza e adesso sono contenta di essere stata così male. Non mi pento del mio passato, mi è assolutamente servito per essere quella che sono. Ho imparato a volermi bene. Il mio giudizio su di me è solo il mio. Conta solo questo. Non sono più la ragazza spaventata di prima. Ho mille dubbi per tutto ma adesso so che è normale averne e li sò gestire. Le decisioni sono fatte così, allora faccio e prendo quello che viene. Sono fiduciosa, sono felice, mi sento viva, non ho paura del dolore o di essere arrabbiata, provo tutta la gamma dei sentimenti e li accetto tutti. E se ho un dubbio torno a parlarne con lei, qualche volta. Anche gli altri, che tanto mi tormentavano, sono cambiati nei mie confronti: nessuno mi dice più cosa devo o non devo fare, mi rispettano e mi vogliono bene e io ne voglio a chi ho voluto ancora con me. Tutto ciò l’ho imparato io.
Tutto ciò me l’ha insegnato lei. BANG!
S.P.
Se non vado a passeggio per il parco, nelle alte sfere potrò aprirmi un varco.
Se ogni sera alle dieci vado a letto, non dovrò consumare il mio belletto.
Se gli stravizi riuscirò ad evitare, qualcuno forse potrò diventare.
Ma rimarrò quel che sono al presente, perchè non me ne importa un accidente.
(D.Parker)
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