Fobia sociale e Psicoterapia Cognitivo Comportamentale: come uscire dalla paura del giudizio che ci blocca
A cura della Dotoressa Anna Chiara Venturini , Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale a Roma
Cos’è la fobia sociale e in cosa differisce dalla semplice timidezza?
Chi è timido si può trovare estremamente a disagio con gli altri, ma non si sente preso dall’ ansia al pensiero di dover partecipare ad un evento sociale e non evita necessariamente quelle situazioni che lo portano a prendere coscienza di sé.
Per contro, coloro che soffrono di ansia sociale non sono necessariamente timidi. Essi possono trovarsi completamente a loro agio con la gente, per la maggior parte del tempo: ma in determinate circostanze, come il camminare tra due ali di folla o fare un discorso, possono provare un’ansia molto intensa. La fobia sociale può diventare un problema nella misura in cui impedisce ad un persona di condurre una qualità di vita sufficientemente soddisfacente, ad esempio interferendo con la possibilità di instaurare relazioni sociali, di affrontare un colloquio di lavoro, di ritrovarsi con gli amici, perché le persone che ne soffrono tendono a ritirarsi a riccio su sé stesse. Quando il problema diventa particolarmente importante, la persona può cristallizzare la propria vita attorno a molti evitamenti.
Se una persona è affetta da questo disturbo, è portata a pensare che tutti gli altri sappiano comportarsi in pubblico, mentre lei no. I piccoli errori che commette le sembrano enormemente più grandi di quanto lo siano in realtà. Se le capita di arrossire, la cosa la fa sentire come se tutti gli occhi fossero puntati su di lei. abitualmente; o avere paure più precise, come ad esempio fare un discorso, parlare con un superiore o con un’altra persona autorevole, avere un appuntamento, recarsi in un negozio per fare la spesa, firmare davanti agli altri, camminare per strada da sola, mangiare in pubblico.
Quali sono i criteri per la diagnosi di fobia sociale (tratti da DSM-IV-TR)
- Paura marcata e persistente di una o più situazioni sociali o prestazionali nelle quali la persona è esposta a persone non familiari o al possibile giudizio degli altri. La persona teme di agire (o di mostrare sintomi di ansia) in modo umiliante o imbarazzante.
- L’esposizione alla situazione temuta quasi invariabilmente provoca ansia, che può assumere le caratteristiche di un Attacco di Panico.
- La persona riconosce che la paura è eccessiva o irragionevole.
- Le situazioni sociali o prestazionali temute vengono evitate o sopportate con intensa ansia e disagio.
- L’evitamento, l’ansia anticipatoria, o il disagio nella/e situazione/i sociale o prestazionale interferiscono significativamente con le abitudini normali della persona, con il suo funzionamento lavorativo (scolastico) o con le attività quotidiane e relazioni sociali.
Quali sono i sintomi principali della fobia sociale
-ROSSORE
-PALPITAZIONE
-MANCANZA DI RESPIRO O FAME D’ARIA
-TREMORE
-TREMORE DELLA VOCE
-MANCANZA DI VOCE
-SUDORAZIONE
-CONFUSIONE
-SENSAZIONE DELLA LAVAGNA VUOTA (non ricordarsi più nulla di quello che si stava dicendo)
-TENSIONE MUSCOLARE
Quali emozioni principali vengono sperimentate o evitate all’interno del disturbo?
È evidente che l’emozione principale associata e provata in questo disturbo è l’ansia. Tuttavia come in ogni disturbo d’ansia bisogna considerare anche il ruolo della paura che a differenza dell’ansia è più specifica. Nel caso del disturbo d’ansia sociale spesso le persone temono (paura della paura) la loro ansia, come nell’attacco di panico, e ciò le porta ad evitamenti importanti o a continui rimuginii sull’ansia che potrebbero provare in determinate situazioni. Oltre alla paura bisogna considerare il ruolo della vergogna. L’ansia sociale in altri termini potrebbe essere rappresentata come la paura di provare vergogna o imbarazzo. La vergogna è l’emozione che si associa al timore di compromissione della propria immagine sociale ed in questo senso è un emozione che si basa su un processo valutativo di tipo COMPARATIVO E DISCRIMINATIVO rispetto ad uno scopo. Lo scopo della vergogna è quello di sottrarsi allo sguardo e giudizio degli altri sulla propria immagine sociale.
Quali sono gli scopi individuali che vengono o potrebbero essere messi in discussione dal sintomo ansioso e dal disturbo d’ansia sociale?
È intuitivo che provare ansia in alcune delle situazioni sopra descritte è assolutamente consono e normale, quanto più lo scopo che si teme possa essere messo in discussione è importante per noi.. Il problema si pone quando l’ansia sociale è così intensa e generalizzata da compromettere o nell’anticipazione dell’evento (ansia anticipatoria) o nell’esecuzione della prestazione (ansia prestazionale), la prestazione stessa o la nostra disponibilità a correre il rischio. In quest’ultimo caso gli evitamenti possono diventare l’elemento difensivo, controproducente, per una persona che soffre di ansia sociale.
Spesso il sistema cognitivo della persona che soffre di ansia sociale, si presenta con una costruzione rigida, con poche alternative, orientata verso il perfezionismo ed il controllo. Questi ultimi due aspetti sono correlati ovvero dipendenti dalla credenza centrale secondo la quale non è possibile sbagliare perché ciò comporta irrimediabilmente la perdita dello scopo principale ed alla paura di provare imbarazzo di fronte ad altri. La parte sottostante del disturbo, ossia quell’area meno visibile degli evitamenti o del rossore è rappresentata da un’immagine di sè con bassa autostima: “non valgo” e quindi “devo dimostrare quanto valgo“. I due scopi o vengono perseguiti con un iperinvestimento di risorse al fine di dimostrare agli altri il proprio valore e quindi a sè stessi, o attraverso evitamenti importanti nell’area della socialità, al fine di evitare appunto la conferma di questa credenza. Il timore di essere invalidati dagli altri diventa in questo modo lo scopo principale sul quale investire le proprie risorse attraverso l’evitamento o attraverso l’iperinvestimento perfezionistico su altre aree del sè, cioè quelle libere dal sintomo. In alcune situazioni più problematiche ciò può portare ad una costruzione falsa della propria immagine sociale, una sorta di corazza da proporre agli altri per nascondere le proprie difficoltà.
Quali sono le distorsioni cognitive più frequenti del disturbo d’ansia sociale?
Attenzione selettiva su di sè
Come negli altri disturbi d’ansia, si può notare un eccessivo spostamento dell’attenzione sugli elementi interni di attivazione fisiologica dell’ansia; nel momento in cui il soggetto sente l’attivazione a livello somatico (tensione, rossore, palpitazione etc.), concentra ancora di più l’attenzione su questi aspetti, che vengono vissuti non come la “normale” segnalazione di un pericolo possibile, ma come la dimostrazione di un pericolo già in atto (errore metacognitivo) con l’effetto di aumentare esponenzialmente il sintomo.
Attenzione selettiva sugli altri
Consiste nel monitorare l’esterno sociale, con la finalità di trovare quelle informazioni (ad esempio un sorriso malevolo) che confermino al soggetto che gli altri lo stanno giudicando male, che egli sta facendo effettivamente una brutta figura. L’attenzione è focalizzata sulle segnalazioni negative e non su quelle positive; inoltre ciò può portare facilmente a delle mal interpretazioni degli atteggiamenti altrui.
Memoria selettiva
Il timore di provare ansia, imbarazzo e vergogna insieme alla paura che a soccombere sia irrimediabilmente la propria immagine sociale, cioè il modo in cui gli altri ci vedono e descrivono, porta alla luce, in automatico, i ricordi di quegli episodi in cui ciò si è verificato realmente o in cui noi abbiamo pensato che si fosse verificato realmente. Ciò fa aumentare la paura e l’ansia anticipatoria. Il meccanismo è molto semplice e diretto: Quanto più penso pensieri ansiosi tanto più provo ansia.
Errore metacognitivo
Consiste nel considerare equivalente l’ansia che si prova (normale e adattiva) prima di affrontare una situazione temuta con l’idea che ciò che più di negativo la persona possa pensare, si verificherà sicuramente. Se provo ansia sociale, è probabile che il pericolo non sia qualcosa di possibile e percepito, ma qualcosa di reale e attualmente già in atto.
Idea di essere trasparente
È l’idea secondo la quale la propria ansia è oggetto d’interesse da parte degli altri, e che i sintomi dell’ansia siano sempre e comunque osservabili dall’esterno. È come se la persona si dimenticasse che l’ansia che sta provando è qualcosa prima di tutto interna, che gli altri non necessariamente vedono, o alla quale non sono necessariamente interessati.
Autovalutazione negativa di sé e rimuginio
Rappresentazione di sé come soggetto incapace di far fronte alle difficoltà. Questo aspetto può essere considerato come il derivato logico funzionale di tutto il processo descritto sopra.
Come interviene la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale nella Fobia Sociale?
Come per i vari disturbi d’ansia, la psicoterapia cognitivo comportamentale è un trattamento molto efficace anche in questo caso. L’obiettivo è ristrutturare i pensieri disfunzionali che anticipano la situazione sociale ( relativi all’esporsi al giudizio negativo altrui) e la “distorcono” ( es. essere convinti di essere sempre osservati attentamente dagli altri), con conseguente aumento della quota di ansia e della sensazione di perdere il controllo e impazzire. Da un lato si procede quindi a modificare tali convinzioni errate, dall’altra si insegnano abilità sociali che consentono di gestire in modo più efficace le situazioni in cui la persona si trova coinvolto ( tecniche di gestione dell’ansia e per la gestione dell’interazione verbale), attraverso simulate ed esposizioni in vivo in cui la persona sperimenta se effettivamente le sue credenze sono vere, per poi ristrutturarle con altre più adattive. Il fobico sociale scopre così che non guardano tutti lui mentre, per esempio prende una tazzina di caffè al bar e non evita più di andare al bar, riprendendo piano piano parti di vita quotidiana che aveva ceduto in cambio di una presunta,quanto mai fantomatica, protezione dal giudizio negativo e dall’ansia sociale, arrivando a condurre una vita fatta di nulla se non di privazioni.
Bibliografia
Adrian Wells, “Trattamento cognitivo dei disturbi d’ansia”, McGraw Hill, 1999
Andrews, “Trattamento dei disturbi d’ansia. Guide per il clinico e manuali per chi soffre del disturbo” Centro Scientifico Editore, 2003
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