Il linguaggio degli affetti: quando il partner si ammala
A cura della Dottoressa Anna Chiara Venturini, Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale a Roma
Intorno alla coppia tante cose sono state dette, scritte, rappresentate.
Due persone che si incontrano sulla base di un’attrazione e una emozione forte hanno ispirato da sempre poeti, scrittori, pittori e scultori.
Tutti hanno cercato di dare una spiegazione ed un senso a questo particolare e mutevole mondo che è la coppia.
Come dice N. Lalli: “.. la coppia è l’espressione di un’aggregazione affettiva tra due soggetti, basata su di un progetto esistenziale più o meno esplicito e manifesto”.
La coppia non è cioè la semplice somma delle singole dinamiche intrapsichiche dei partner, ma è un processo dinamico in cui gli attori principali, nella relazione, mettono in gioco tutto ciò che hanno vissuto fino al momento dell’incontro con l’altro. Secondo la teoria sistemico-relazionale, la formazione della coppia è un momento critico nel ciclo vitale dell’individuo: l’incontro tra due partner può assolvere anche a bisogni di autonomia emotiva da una famiglia d’origine troppo presente o che non può permettere ad un suo membro di “svincolarsi”, perché centrale nella dinamica relazionale ed emotiva della famiglia stessa (per es. nel caso delle triangolazioni).
Le motivazioni della scelta sono molto importanti non solo per capire le ragioni razionali ed emotive che hanno portato alla formazione della coppia, ma anche il modo in cui potrà affrontare momenti difficili e critici.
Uno di questi è senz’altro il momento in cui uno dei partner si ammala gravemente, ad esempio di cancro. Il trauma indotto dalla malattia nel sistema coppia agisce su molti livelli e può creare problemi che richiedono una relazione d’aiuto.
Il lavoro con il partner segue quindi, in linea di principio, la direzione di sostenere fortemente le persone in un momento in cui potrebbe essere necessario accettare la situazione di crisi, l’incertezza, il disagio come condizioni non immediatamente risolvibili e destinate a determinare mutamenti, oltre che nelle singole persone, anche nello stile di relazione della coppia.
Si possono considerare due grandi linee direttrici attraverso cui si affronta la malattia grave di un partner.
Da un lato vi sono comportamenti di avvicinamento; in alcuni casi essi derivano dal fatto che la coppia è già molto intima e coesa e in occasione di un trauma incrementa il legame, utilizzandolo come una risorsa importante per affrontare la paura ed il dolore, trovando nell’intimità e nell’affetto una risorsa potente e creativa anche in momenti molto duri. In altri casi questo avvicinamento sembra invece dettato più da una posizione di “sacrificio” del partner non ammalato che sente l’impegno ed il dovere di dedicarsi all’aiuto del coniuge, tuttavia con un sentimento di fatica che tende ad aggravarsi se la situazione peggiora in termini di salute o di relazione.
Dal lato opposto vi sono invece i comportamenti di allontanamento, che possono assumere anche tratti drammatici sino a sembrare veri e propri abbandoni. Questi comportamenti derivano dal fatto che la malattia grave determina il venire a galla di situazioni già critiche nella coppia e tende ad incrinarla, rompendo quei fragili equilibri che nel tempo si erano fatti progressivamente più precari.
Ma i comportamenti di allontanamento possono anche derivare dalla difficoltà soggettiva a tollerare l’irrompere sulla scena del dolore e della paura ed in questi casi essi assumono il significato di una salvaguardia di sé non necessariamente destinata a produrre separazioni ed abbandoni.
Avvicinamenti ed allontanamenti, infine, fanno parte del normale modo di vivere una vicenda che mette a dura prova entrambi i partner ed assegna ad ognuno di loro compiti molto diversi, perché chi si ammala ha sostanzialmente davanti a sé la strada di affrontare la “sua” malattia e di compiere i passi necessari per vivere questo momento della vita, affrontando i rischi ed i possibili cambiamenti che un’esperienza così trasformativi determina. Chi sta vicino alla persona che si ammala è in una posizione difficile, poiché più passiva e sacrificale.
In questo contesto, le relazioni d’aiuto sotto forma di colloqui individuali e interventi di gruppo hanno la funzione di sostenere i processi di adattamento alla situazione traumatica e di rifornire di energia e di pensiero la funzione di aiuto delicata e talvolta drammatica che queste donne e questi uomini si trovano ad esercitare quotidianamente.
Bibliografia
S. Gastaldi, T. Ragni Raimondi, “Stare vicino a chi si ammala, l’ esperienza dei partner e dei caregivers”, Erikson, 2012
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