“Andare dallo psicologo”: falsi miti e pregiudizi sulla relazione d’aiuto

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A cura della Dottoressa Anna Chiara Venturini, Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale a Roma.

Un tema molto delicato che solleva da sempre dubbi perplessità e purtroppo molti pregiudizi.: “Perché dovrei andare dallo psicologo? Mica sono matto!”- oppure -“Lo strizzacervelli fa più male che bene.. ti cambia facendoti il lavaggio del cervello!”

Queste ed altre considerazioni la dicono lunga su come ancora, purtroppo, la figura dello psicologo sia contornata da una sequela di pregiudizi, stereotipi e considerazioni errate. A volte confuso con uno stregone che legge nel pensiero, altre volte come un veggente che prevede il futuro, altre ancora come un preparatore di filtri d’amore o come colui che ti cambierà!

Ma chi è il realtà lo psicologo, perché andarci e soprattutto quando. Per rispondere a queste domande è innanzitutto necessario far chiarezza su cosa sia il disagio psicologico: Stare male psicologicamente non significa essere matti, andare fuori di testa, ma implica presentare tutta una serie di malesseri, non sempre facilmente riconoscibili, che fanno soffrire più di una malattia fisica. Stare male psicologicamente significa essere molto tristi, così tristi da non trovare conforto in nulla.
Significa avere dei pensieri fissi che si ostinano a stare nella nostra mente e noi non sappiamo come mandarli via.
Significa avere paura di qualcosa che in fin dei conti sappiamo essere innocuo.
Significa avere dei comportamenti che ci fanno sentire un po’ diversi da chi consideriamo essere nella norma (ovviamente, se si parte dal presupposto che esistano persone classificabili come “normali”!).

La sofferenza psicologica ci provoca un disagio interno che il più delle volte non viene percepito da chi ci è vicino. Abbiamo paura che gli altri si accorgano che ci sentiamo diversi, e questo ci provocherebbe imbarazzo. Così, possiamo diventare molto abili a nascondere le nostre paure, ad inventare scuse per non uscire, a prenderci in giro dicendo “non sto bene, ma non è niente…”Purtroppo, le persone non sempre sono attente alla loro salute psicologica come lo sono alla loro salute fisica e tendono a rimandare, evitare, negare l’esistenza del problema interiore: capita quindi spesso che una persona (o un suo familiare o una persona vicina) si rivolga ad uno psicologo solo quando i sintomi di un qualche disagio (ansia, panico, depressione o altri) sono diventati ingestibili e la vita della persona è compromessa in vari ambiti.

Pensiamo ad esempio a dei sintomi di ansia che iniziano a manifestarsi per un qualunque motivo; si tende a pensare che sia qualcosa di passeggero e, fortunatamente, molte volte lo è. Altre volte invece questi sintomi iniziano a peggiorare: aumentano di frequenza, di intensità e a lungo andare, se non trattati in tempo, in maniera adeguata, possono invalidare la persona.
La persona colpita da questi sintomi inizierà a non uscire più, per paura di sentirsi male e non poter gestire i sintomi; potrà anche arrivare a limitare la sfera lavorativa, sociale e affettiva.

Rivolgersi ad uno psicologo sin dai primi segnali di disagio è essenziale per prevenire l’aggravamento di una situazione.

Lo psicologo è il professionista che può capire il disagio che una persona vive, fornire spiegazioni sul perchè sta vivendo una situazione di malessere e tranquillizzarla su ciò che sta passando. Questo ovviamente non significa dire :” Stia tranquilla, vedrà che passerà e poi pensi a chi sta peggio di lei!” perché ciò significherebbe svilire o peggio ancora ignorare il vissuto di dolore e impotenza che la persona porta con sé.

Attraversare momenti di malessere psicologico può capitare: soffrire di depressione, ansia, attacchi di panico (tanto per citare i malesseri più diffusi) NON è indice di pazzia! Siamo persone con il nostro modo di stare al mondo e di soffrire: a tal proposito ricordo spesso anche ai miei pazienti una frase di una mia docente che mi ha spesso illuminato: “Benvenuti nel mondo degli umani!” Questo per far comprendere alle persone come sia “normale” ed “umano” soffrire, star male, aver paura, provare emozioni anche in un contesto sociale dove tutto ciò viene rifugito come indice di debolezza e incapacità di vivere. Se poi, oltre a questi messaggi sociali svalutanti si uniscono i sentimenti di colpa e la vergogna dovuti a retaggi secolari connessi alla sofferenza mentale ecco che solo quando la persona si vede notevolmente limitata dal suo malessere chiede aiuto allo psicologo.
Nasce la paura dello stigma sociale: “bisogna” tenere nascosti i sintomi della “malattia” così da non poter essere riconosciuti dalla società.
I malesseri psicologici sono spaventosi: come si avverte un sintomo ci si spaventa; la prima volta è un trauma che si cerca immediatamente di dimenticare. Ma poi capita che si ripresenti una seconda volta, una terza e poi ancora. E ogni volta la persona fa di tutto per arginare e contenere i “danni” dei sintomi. Non  se ne parla per vergogna e ci si difende sempre più nell’attesa angosciosa che si ripresenti il sintomo. Alla fine però, il sintomo diventa parte della vita della persona, diventando cronico, sepolto sotto tutto ciò che una persona ha fatto per “nasconderlo”, “non pensarci”, “metterlo da parte”.

Con l’aiuto dello psicologo la persona impara a capire come la mente umana e in particolar modo la propria, funziona, quali sono le proprie risorse e i propri script, ovvero i copioni che l’individuo tende a ripresentare sempre uguali a sé stessi. Si conoscono le proprie risorse e si impara a saperle utilizzare, abbandonando strategie adattive che, se la persona sta male, evidentemente ad un certo punto non hanno più funzionato o hanno funzionato male.

Lo psicologo non vuol erigersi a giudice che getta nel cestino tutta la nostra vita donandoci la “verità” su come va vissuta.. egli fornisce solo un altro punto di vista, un’altra strada da percorrere, che non è migliore, ma semplicemente un’altra visione delle cose, dando alla persona la possibilità di scegliere (enorme passo avanti rispetto all’ avere sempre e solo un’unica alternativa: la propria). La persona è ora per quello che è stata, con le sue ferite, i suoi traumi, le sue risorse e i suoi meccanismi di difesa e il lavoro che si fa con lo psicologo in seduta è volto a “fare ordine” e a comprendere molti lati e aspetti oscuri o incomprensibili responsabili del malessere che affligge la persona. Lavorando in sinergia quest’ultima scopre e riscopre proprie potenzialità, proprie risorse e nuovi tragitti mentali iniziando un cammino proprio, che dapprima vedrà lo psicologo al proprio fianco, per poi proseguire in autonomia.

È bene ricordarsi che il “professionista della mente” è un esperto che ha seguito uno specifico training di formazione per apprendere le cure adeguate per i mali psicologici le quali si differiscono di molto rispetto a quelle efficaci per i malesseri strettamente fisici (non dimentichiamo inoltre, che se la mente soffre, le conseguenze si ripercuotono anche sul corpo).

Andare dallo psicologo, dallo psicoterapeuta, non vuol dire quindi essere “matti”, o “diversi”, ma essere responsabili, prendersi cura della propria salute nel senso più ampio, significa in definitiva migliorare la propria qualità di vita.

 

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