Autostima e accettazione di sé: quando l’imperfezione diventa una forza
A cura della Dottoressa Anna Chiara Venturini, Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale a Roma.
E’ inutile negarlo: nella realtà moderna l’aspetto esteriore riveste un’importanza notevole. Pubblicità, programmi televisivi, social network, copertine patinate: tutto sta li pronto a ricordarci che essere magri, giovani e sorridenti è il passepartout per aprire ogni porta ed essere sempre vincenti. Due sono, infatti, le equazioni che vengono propinate e passivamente acquisite: essere magri, belli e perfetti è garanzia di trionfo e al contempo significa essere accettati. Pensiamo, infatti, agli interventi chirurgici e non : botulino, blefaroplastica, liposuzione concorrono ad allontanare lo spauracchio del tempo che passa e ad alimentare la convinzione che a renderci belli sia la perfezione del nostro corpo. Attenzione, non vuol dire che l’aspetto fisico vada ignorato, anche perché ognuno di noi sa benissimo che non è così: ma tra la ricerca spasmodica della perfezione e il trovare un proprio equilibrio in cui ci si accetta nonostante le imperfezioni, ce ne corre. La non accettazione di un naso o di un mento troppo evidente, delle calvizie o delle rughe, rimanda ad uno scontro tra titani: chi sono realmente (Sè reale), chi vorrei essere (Sé ideale) e chi dovrei essere (Sé imperativo) per essere accettato dagli altri. In questo caso, essendo il focus completamente spostato sull’altro che “ci fa la grazia” di accettarci o ci rifiuta se non siamo al top, perdiamo totalmente di vista quello che invece noi in primis potremmo fare, intraprendendo il cammino verso l’accettazione di sé e il raggiungimento di una solida autostima. Ma cos’è l’autostima e perché risente così tanto dell’aspetto fisico? Fondamentalmente la si può definire come l’intima convinzione di avere un valore intrinseco in quanto persona e, così definita, prevede tre componenti:
Cognitiva: ovvero le opinioni che si hanno su di sé, sugli altri e sul mondo, le proprie emozioni, le conoscenze che si possiedono e gli obiettivi prefissati, ovvero l’accettazione o meno di sé, della realtà e la propria realizzazione personale.
Emotiva: ovvero cosa prova la persona e come gestisce le proprie emozioni (se le riconosce, le esprime o le reprime)
Comportamentale: ossia come la persona agisce per rispettare se stesso, i propri bisogni, desideri e valori, come affronta i conflitti e come si afferma nel rispetto di sé e degli altri.
Fragile e mutevole, l’autostima aumenta quando agiamo nel rispetto dei nostri valori e diminuisce ogni volta che il nostro comportamento non è coerente con questi. A differenza della fiducia in sé, che riguarda la consapevolezza di avere le capacità necessarie per affrontare una situazione, e dell’immagine di sé, ovvero cosa l’individuo percepisce di se stesso, l’autostima ha uno spettro più ampio, intesa come risultato dello sguardo che un individuo posa su se stesso, sulle proprie competenze, sul proprio aspetto fisico, sui propri risultati professionali e sulla propria vita affettiva. Tuttavia il successo in uno o più di questi ambiti non è garanzia di autostima, poiché questa deriva da un equilibrio tra i diversi aspetti della vita. Lavoro, famiglia, amici, crescita personale, cura di sé, spiritualità: come gli spicchi di un’arancia hanno tutti le stesse dimensioni, in egual maniera per una sana autostima è importante che questi aspetti siano ben bilanciati nella vita della persona. Avere coraggio di essere se stessi non è una dote innata: l’autostima, infatti, è influenzata sia dai genitori e dal loro stile educativo ( che si traduce in stile di attaccamento per il bambino e futuro adulto che si relaziona), come anche da amici, insegnanti durante l’infanzia, sia dall’ambiente con tutti i fallimenti o i successi dell’età adulta.
Se una bassa autostima comporta paure, ansia, difficoltà relazionali, lavorative, mancata realizzazione personale; una persona che ha stima di sé sa affrontare i conflitti e gestire al meglio gli insuccessi, riesce a cogliere le opportunità anche quando sembrano non esserci, accetta la realtà qualora non riesca a modificarla, non dipende dal giudizio degli altri, sa affermarsi ed avere fiducia nelle proprie capacità.
E’ chiaro quindi come, il puntare tutto sulla perfezione soprattutto fisica, sia non solo estremamente riduttivo, ma anche depotenziante per la persona stessa, che così non scopre né mette a frutto capacità e potenzialità.
Come possiamo imparare ad accettarci e amare noi stessi?
- Impariamo a conoscerci: siamo davvero convinti di sapere cosa ci piace e cosa no? Siamo sicuri che i nostri limiti e le nostre debolezze siano insormontabili? Parola d’ordine : mettersi alla prova.
- Impariamo a ridere: l’ironia e l’autoironia non solo ci permettono di vedere le cose ( e anche i difetti) da un altro punto di vista, ma consentono di alleggerire il peso emotivo delle situazioni che ci troviamo a fronteggiare. La situazione non cambierà, ma cambierà il nostro modo di viverla
- Acquisiamo competenze: chiediamoci cosa ci piace e iniziamo a coltivare le nostre passioni: la pratica costante aumenterà le sicurezze e la fiducia nelle proprie capacità
- Poniamoci un piccolo obiettivo per volta: procedendo step by step, passo dopo passo, senza porci obiettivi irraggiungibili e altamente frustranti se non vengono raggiunti
- Cerchiamo di essere attivi: chi ha scarsa autostima spesso finisce col ritagliarsi un piccolissimo angolo di vita in cui “operare in sicurezza” poiché sa di non sbagliare. In realtà così non cresce, non sperimenta e nel tempo si annichilisce. Agire comporta errori e gli errori sono esperienze da cui imparare. Senza errori non ci sarebbe evoluzione.
- Inseguiamo i nostri sogni: se ci troviamo in una condizione e volevamo essere invece in una diametralmente opposta, ma la paura del fallimento ci blocca, probabilmente ci si ritroverà logorati da un conflitto interiore. Se invece inseguite quello che più desiderate e credete maggiormente nelle nostre capacità e anche nei nostri errori, solo allora potremo iniziare ad essere felici
- Non rimandiamo le decisioni: procrastinare fa aumentare ansia e insicurezze. Decidiamo velocemente e se va male impariamo la lezione: solo così eviteremo di vivere passivamente gli eventi e riusciremo a trarre il meglio dalle situazioni
Bibliografia
Maria Cristina Strocchi, “Autostima, se non ami te stesso, chi ti amerà?”, Ed. San Paolo, 2006
Paul Watzlawick, “Istruzioni per rendersi infelici”, Feltrinelli, 2008
Rosette Poletti, Barbara Dobbs, “Quaderno d’esercizi per l’autostima”, 2014
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