M’ama non m’ama: la scelta del partner non è proprio casuale

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dare il cuore - CopiaA cura della Dottoressa Anna Chiara Venturini, Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale a Roma

Chi di noi almeno una volta per curiosità o gioco non ha sfogliato la margherita ponendosi il famoso dilemma “M’ama o non m’ama?”. Vista così la scelta del partner sembrerebbe casuale, ma in realtà non è proprio così.

La scelta del partner non è mai casuale. A tal riguardo, molti autori e ricercatori sostengono che le esperienze che ciascuno fa nel corso della propria esistenza, specialmente negli anni della prima e seconda infanzia, formano nella nostra mente degli schemi, dei modelli operativi interni che il bambino elabora riguardo sé, i propri stati emotivi e affettivi e quelli delle persone significative che lo circondano durante le proprie esperienze precoci, diventando poi dei veri e propri script (ossia mappe cognitive, copioni sul comportamento e sulle aspettative su di sé, gli altri ed il mondo ) che determineranno in maniera significativa chi sarà l’oggetto di desiderio e attrazione, come vivremo l’innamoramento e l’amore, gli aspetti della vita di coppia e come vivremo la fine delle relazioni affettive. La relazione con le figure genitoriali, in particolar modo con il caregiver ( ovvero colui o colei che si prende cura del bambino in termini pratici ed emotivi) determinerà infatti il nostro stile di attaccamento e che tipo di partner sarà per noi “attraente” perchè noto, conosciuto. Nel momento in cui si verifica l’imprinting nel bambino, questi riconosce le caratteristiche della sua figura di attaccamento e le sue modalità di cura e accudimento, come proprie di chi si prende cura di lui e quindi concepito come sicuro, degno di amore e fiducia. Da qui l’evidente nesso tra il modello relazionale memorizzato in quel momento, e la ricerca di relazioni future che lo ricalchino in quanto per noi “giusto e sano”, anche quando in realtà non lo sono ( per esempio relazioni di abuso e maltrattamenti da cui la vittima non riesce ad uscire)

Le prime relazioni, lasciano infatti in ognuno di noi un’impronta nello stile comunicativo e relazionale, e, essendo il bisogno di sicurezza come sosteneva Maslow, uno dei bisogni fondamentali per l’essere umano, ecco che si va alla ricerca di ciò che per noi è noto, conosciuto e quindi sicuro, proprio come siamo attratti in un paese straniero da persone che parlano la nostra stessa lingua: non è che siano più interessanti delle altre, semplicemente sono più familiari, in qualche modo ci fanno sentire a casa.

La ricerca del noto è quindi alla base delle ripetizioni amorose nella scelta del partner e nella modalità di conduzione della relazione. Tuttavia, anche se le prime relazioni affettive fungono da matrice, possono essere poi attuate e perpetuate con due modalità: di “contrattacco”, ovvero rifiutando i modelli genitoriali e percorrendo strade diametralmente opposte per ipercompensare le mancanze subite, oppure di “complementarietà-resa”, scegliendo un partner con cui creare una relazione simile a quella dei propri genitori e arrendendosi allo schema. In ambo i casi l’esempio da cui si parte è lo stesso e che lo si rifiuti o lo si riproponga, è comunque alla base dell’agire, poichè l’attrazione è esercitata dal passato e gli schemi lottano per sopravivere e autoperpetuarsi.

Dagli gli studi condotti negli anni ’70 dalla  Ainsworth attraverso la Strange Situation,sono emerse connessioni ben precise all’interno delle dinamiche tra differenti tipologie di attaccamento e scelta di futuri partner nell’età adulta, caratteristiche della relazione ed epilogo della stessa. Il bambino che ha sperimentato un tipo di attaccamento sicuro, quindi con un caregiver responsivo e accudente, un a solida “base sicura”, sceglierà un partner altrettanto responsivo, empatico, con sui creare una relazione stabile, improntata alla stima e fiducia reciproca, al rispetto di sé e dell’altro,nelle relazioni amorose sarà portato a ricercare partners che abbiano la sua stessa “sicurezza. Nel caso invece di un bambino con un attaccamento ambivalente-invischiato, la sua relazione con una madre imprevedibile, lo porterà a trovare partner molto spesso passivo-aggressivi, con sentimenti di amore e odio compresenti, uniti a controllo e gelosia, avvicendando molte storie ma restando legati alla famiglia d’origine.  Per quanto riguarda invece l’attaccamento di tipo insicuro-evitante, esso vede all’origine il rapporto con una madre distanziante e deprivante, con la conseguente ripetizione dello schema di rifiuto nelle relazioni future in cui o non si lascia emotivamente coinvolgere o troverà partner freddi e distanzianti come la madre ( o in generale il caregiver). La relazione sarà caratterizzata da freddezza emotiva, prive di un totale coinvolgimento e la persona non si sentirà a proprio agio con le richieste di supporto o le manifestazioni del partner. In ultimo, se l’attaccamento è di tipo disorientato-disorganizzato, la persona lamenterà solitudine e paura di non piacere se non riesce a trovare un partner con cui stare.
Quando instaurerà una relazione di coppia , assumerà un ruolo passivo, colpevolizzandosi eccessivamente per i problemi interni alla coppia stessa. Si potrebbero anche verificare situazioni di maltrattamenti che vengono tollerati pur di non perdere la relazione

Il tutto avviene sulla base di un meccanismo circolare che mantiene in piedi anche, e soprattutto, le coppie disfunzionali.

I copioni inconsci ereditati dall’infanzia che determinano le nostre azioni sul piano amoroso sono quindi quasi paragonabili a delle sceneggiature di film ben determinate con dei temi ben precisi.

Vediamone alcune più ricorrenti.

L’infermiera: “io ti salverò”

Si tratta di relazioni in cui uno dei due partner nell’infanzia si è fatto carico di un genitore alcolizzato o depresso ed ha imparato a prendersene cura. La sua missione è stata quella di salvarlo dalla dipendenza e non ci sarà da stupirsi se un domani ricercherà partner bisognosi di aiuto: l modello relazionale messo in atto è quindi perverso e squilibrato perchè aiutando il partner più bisognoso a conquistare la propria indipendenza, questi non avrà poi più bisogno di aiuto, e l’altro perderà il suo ruolo. Questo tipo di rapporto si basa quindi sulla debolezza imprescindibile di uno dei due protagonisti e sulla fine della relazione quando quest’ultimo non sarà più dipendente.

Il re: “sono un individuo eccezionale ed ho diritto ad un trattamento speciale”

Di solito sono figli unici, abituati a non avere regole nè limiti e che nell’infanzia hanno preso il posto di uno dei due genitori ( in seguito a malattia o decesso) o ne sono stati i confidenti. Sin da bambino  Impara così ad avere un trattamento speciale e da adulto ricercherà relazioni in cui gli saranno dovuti dei particolari riguardi, ricercando partner che gli conferiscano la stessa importanza di quando era piccolo

La piccola fiammiferaia: “sono una nullità per fortuna ci sei tu”

Certi bambini sono stati trascurati e magari anche disprezzati dai loro genitori: ai loro occhi non si comportavano mai abbastanza bene, venivano paragonati ai fratelli o venivano trascurati perchè non c’era tempo di occuparsi di loro. Questi bambini possono così crescere maturando la convinzione di non essere degni di ricevere attenzione e interesse perchè gli altri sono più importanti. Ovviamente questo schema si riproporrà molto probabilmente scegliendo partner freddi, svalutanti, inaccessibili sia fisicamente che emotivamente, portando la persona a riperimentare la svalutazione subita nel passato. Oppure si potrà scegliere, per ipercompensazione, un partner affetto da gravi malattie o che ha subito un incidente: in questo modo infatti la persona ipercompensa la svalutazione subita, facendo dell’impegno e della cura del partner, la sua fonte di autostima e ragione di vita

Il colpevole: è tutta colpa mia

Questo è il tema della colpevolizzazione per eccellenza: il bambino ha infatti interiorizzato il fatto di essere la causa del malessere dei genitori, si sente un peso, responsabile per le sofferenze altrui. Si tratta di genitori che possono aver esacerbato questo senso di colpa con frasi del tipo “Sono rimasta con tuo padre per te anche se non lo amavo”, oppure “Per te ho rinunciato alla mia carriera”. Ovviamente, questa frasi “sacrificali” come altre possono aver amplificato l’impressione che il suo comportamento determini l’infelicità altrui. Da qui potrà derivare un individuo che magari arriverà a rinunciare anche ai rapporti sentimentali per chè teme di rendere infelice l’altro, oppure condurrà una vita dedita al volontariato o un lavoro nell’ambito umanitario per espiare la sua colpa.

Il rinnovatore: non sarò mai come te

La madre era sottomessa al marito e la figlia giura che non le assomiglierà. Molto probabilmente non accetterà il dominio di un uomo o magari inconsciamente potrà cercare uomini che la dominino. Questo è il tema tipico di chi rinnega la figura genitoriale  di riferimento e si trova di fronte a due possibilità che rivelano lo stesso copione: l’identificazione positiva o negativa con quella figura.

Scegliere il partner seguendo questi copioni significa spesso oltrepassare i limiti della dignità e dell’autostima, mescolando un insieme di emozioni e comportamenti che poco hanno a che fare con una scelta consapevole e soprattutto rinnovata in modo sano.

Come possiamo quindi uscire dall’impasse ed amare liberamente l’altro per quello che è e non per quello che abbiamo bisogno lui sia? Di certo si tratta di un percorso tortuoso, ma non per questo non percorribile.

1) Riconoscere anzitutto le ferite ricevute nell’infanzia ( deprivazione emotiva, abbandono, svalutazione, colpevolizazione etc,,) aiuta a comprendere quale bisogno stiamo proiettando sull’altro e quindi quale ruolo gli stiamo facendo mettere in scena.

2) Entrare in contatto con il bambino che ha subito quelle ferite e ascoltare quali sono i suoi bisogni più profondi e quali emozioni prova, così da utilizzarle come “sentinelle” in caso di innesco del copione

3) Prendere atto di quelle che sono le caratteristiche che maggiormente ci attraggono nel partner e notare se vi è una ricorsività disfunzionale ( es. sono persone molto spesso impegnate sul lavoro, che abitano lontano, che non ci ascoltano, che sono freddi o svalutanti etc..)

4) Darsi la possibilità di scoprire altre caratteristiche in persone che non reputiamo “interessanti”

E soprattutto ricordiamoci: percorrere strade note ci rassicura ma è anche il miglior modo per non scoprire mai nuovi luoghi che potrebbero invece emozionarci

 

Tra il desiderio e la realtà c’è un punto di intersezione: l’amore  -Octavio Paz-

 

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Bibliografia

“Donne che amano troppo”,Robin Nordwood, 1989, Feltrinelli Ed.

“La dipendenza affettiva”, Daniel Pietro, 2012 Ed. Paoline

“Amori altamente pericolosi”, Walter Riso, 2009, Mondadori

“J. Young & J.J. Klosko, “Reinventa la tua vita”, Feltrinelli, 2004

 

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